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“Donna, che cosa vuoi da me?” Maschi in crisi - Studio di Psicologia e Psicoterapia Eidos

“Donna, che cosa vuoi da me?” Maschi in crisi

La rivoluzione delle donne

Alla fine degli anni Sessanta, in Occidente ma non solo, ebbe inizio una rivoluzione culturale per la libertà e la liberazione delle donne. Le femministe scoperchiarono la divisione dei ruoli e la struttura patriarcale dei rapporti nella vita familiare, mettendo in connessione le disuguaglianze culturali e quelle politiche. Superando il concetto di uguaglianza dei sessi, sostenuto dal femminismo storico (quello che si sviluppò tra il 19mo e la prima metà del 20mo secolo), si impegnarono nella scoperta del “femminile” e proclamarono il valore della differenza.

Un’identità (quella maschile) in crisi

Le relazioni tra i sessi cominciarono dunque a mutare e un certo mondo relazionale sembra essersi incamminato sulla via del tramonto, anche se rimangono significativi e davvero frequenti “rigurgiti” della mentalità di un tempo. Inoltre, quel tipo di cultura che prevede un modello stereotipato di maschio (muscoloso e conquistatore, resistente e vigoroso) adesso vacilla. 
E gli uomini spesso appaiono spaesati: privi del consueto e consolidato modello di virilità e messi di fronte alla sempre più evidente intraprendenza femminile, sembrano intimoriti. Sentono minacciata la propria identità. 

Nell’immaginario femminile

Il tradizionale modello di maschio, che fonda le proprie azioni sulla logica del potere e che è ossessivamente condannato a differenziarsi da un femminile supposto fragile e delicato, vacilla -senza del tutto scomparire- anche nell’immaginario delle donne.
Tale instabilità si declina nelle richieste che queste ultime fanno agli uomini. Le donne, oggi, spesso cercano nel partner una sensibilità, una capacità introspettiva, una delicatezza di sguardo, una disponibilità ad accogliere, che prima, forse, non potevano essere pensate o dette. E’ innegabile, però, che talvolta sollecitino dimostrazioni d’amore che si rifanno alla “vecchia” retorica dell’onore e che si traducono in atti arroganti di forza e di potere. 
Non a caso molti giovani uomini arrivano in studio con una domanda i cui contorni si fanno, seduta dopo seduta, via via più definiti: “Cosa vogliono le donne da noi?”

Le perplessità dei giovani maschi

“Non capisco che cosa si aspetti da me…”, “Io credo che le ragazze di oggi vogliano un tipo possessivo, ma anche dolce”, “Ma alla fine cosa pretendono? Non si capisce niente di quello che vogliono!”
Quante volte in studio ho ascoltato queste domande, queste riflessioni… Quante volte ho assistito all’interrogarsi di ragazzi o di giovani uomini sulla relazione con l’altro sesso e sulle conseguenze che ne derivano rispetto all’identità personale.
Chi dobbiamo trovare nello specchio degli occhi di un’altra persona? Qual è l’immagine che quegli occhi desiderano rispecchiare? E io, giovane uomo, corrispondo a quell’immagine? E desidero corrispondere a quell’immagine?

Che sia un’occasione?

Mi chiedo se questa non possa essere una grande occasione per gli uomini, per i maschi. Un’occasione per riflettere su di sé, su ciò che caratterizza la loro identità sessuale, per approfondire la natura delle relazioni che hanno con gli altri maschi e con le femmine. Che ci sia forse ora la possibilità di porsi delle domande e di indugiarvi a lungo, di aprirsi con curiosità a occasioni nuove?
Così come il femminismo ci ha insegnato che è impossibile ridurre ad un solo tipo la varietà delle soggettività femminili, forse ora ci si può interrogare anche sul maschio? Un maschio che si sta accorgendo di essere più capace -di quanto una volta non pensasse- di nominare le emozioni, di raccontare i sentimenti?

Il ruolo dello psicoterapeuta

E che compito può avere uno psicoterapeuta? 
Quello di sempre, e cioè quello di legittimare le contraddizioni interne di un equilibrio instabile e fertile, di sostenere le possibilità, di far interrogare sui desideri, di aiutare a liberarsi di quelle gabbie identitarie in cui tutti, in un modo o nell’altro, quotidianamente, rischiamo di rimanere intrappolati.
Così che, liberi, sia possibile incontrare la libertà altrui.

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