Il sintomo
Un ragazzino tossisce ogni volta che deve svolgere i compiti; una bimba si fa tutti i giorni la pipì addosso, in piedi accanto al water; un adulto, al solo pensiero di andare in ferie, viene schiacciato da una sferzata di ansia. Chi ha fretta di eliminare un sintomo può avere facile vittoria, ma è improbabile che l’abbia duratura. Il sintomo è come una bocca: parla, e se qualcuno lo tappa chiama un amico che parli al posto suo.
È una formazione dell’inconscio, la risposta a una pulsione.
Un testimone
Il sintomo è da convocare, non da far fuori. Ha delle cose da dire. È un testimone.
Criptico, certo: non usa un linguaggio univoco; le sue parole sembrano incastrate tra i rami sottili e contorti del gelsomino. Meglio a lungo non toccare niente, prima che qualcosa si spezzi. Decisamente meglio stare prima a guardare, confidando sia nella sua capacità di mostrarsi e di farsi capire sia nella propria attitudine a sintonizzarsi con lui e a cogliere, dietro a quel contorto linguaggio ramoso, un senso. Uno dei sensi possibili.
Un invito
Sì, perché il senso è ampio, è sfaccettato, variegato. Non si tratta certo di andare a scoprirlo, come informatici, seguendo le rigide frecce di un diagramma di flusso: il rapporto tra il terreno in cui il sintomo nasce e la sua forma non è mai un rapporto lineare di causa effetto. No, riprendere i significati nascosti non è un compito della logica. Piuttosto è una camminata in lungo e in largo dentro ad un bosco, passo lento o deciso a seconda del bisogno, sguardo sia sulla foglia che al cielo. Il sintomo è un indizio. È una porta d’ingresso su un mondo sconosciuto. È un’offerta, un invito al tentativo di scoperta dell’immagine occulta di sé.
Un compromesso
Comporta una dose di sofferenza e dunque va modificato, sostituito con qualcosa di più piacevole da vivere, va sciolto. Non bisogna soffocarlo però, perché il sintomo è necessario; addirittura porta un guadagno: è una soluzione, una formazione di compromesso che difende da un desiderio e, al contempo, lo soddisfa in forma mascherata. Il sintomo è furbo, è abile. I conflitti interni producono angoscia, l’angoscia sollecita l’innalzamento di una difesa e la difesa porta spesso ad un compromesso. Che è, appunto, il sintomo. Una soluzione di compromesso tra la pulsione e la difesa.
Il sintomo in studio
E noi psicoterapeuti ci troviamo così, tra rami di gelsomino, a liberare le parole che vi sono rimaste attorcigliate. Dobbiamo essere attenti a non cadere nel tranello di sentirci bravi se il sintomo sparisce. Il risultato più grande del nostro lavoro, infatti, non è la scomparsa del sintomo, ma la maggiore libertà del paziente: che egli possa scegliere. Che scelga pure il sintomo, se gli piace. D’altronde ci sono gelsomini e gelsomini, e alcuni hanno un profumo meraviglioso.