Speranza: una possibile lettura

Sul fondo del vaso scoperchiato da Pandora rimase la speranza.

Speranza dono, speranza inganno

La speranza abita quello spazio potenziale in cui il mondo interno e quello esterno si sovrappongono. Ha confidenza con il tempo e con l’attesa.
Di lei si dice che sia dono ma anche inganno.
Tutta protesa verso l’ignoto, ha il buon sapore della fiducia. Colma di possibilità, abita già il “non ancora” e rende possibile quella tensione capace di far nascere il futuro.
L’altro lato del suo volto, però, è ingannevole: rimandando incessantemente al domani, procrastina il tempo. Nega i limiti.

Speranza che vede, speranza che nega

“La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell’aldilà.
Non avrai altro da fare che vivere.”
[…]
“Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte,
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.”
(Nazim Hikmet, 1948).
Nasce dal dubbio e dall’inquietudine, la speranza. Si accende quando urta contro le asperità del reale: si accorge del limite e lo smentisce, lo vede e lo nega.
Lo nega e lo vede:
“…non crederai alla morte,
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.”

Andare un po’ più in là

La sua forza propulsiva, il suo fiducioso slancio, nasce quando prendiamo coscienza del limite e simultaneamente lo rifiutiamo. Quando prendiamo coscienza, ad esempio, della nostra mortalità e all’istante avvertiamo dentro al petto il pulsare della nostra goccia di immortalità, tralasciando che ogni giorno quella goccia perde di vigore. Quando prendiamo coscienza del nostro tracollo e immediatamente avvertiamo quell’onda d’amore che vorremmo ricevere, che vorremmo regalare, che ancora fortemente speriamo ci travolgerà. Quell’onda entusiasmante di forza.
La speranza ci fa andare un po’ più in là di dove siamo.
È dell’uomo, d’altronde, voler superare i limiti. È dell’uomo, voler essere vivo dentro, capace di un pensiero germinativo; volere che anche nella fine (al confine) ci sia vitalità, volere esserci.
È dell’uomo, sperare.

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